Un viaggio negli inutili sensi di colpa
Guardarono il loro figliuolo, di ancora pochi anni, pieni di orgoglio e ammirazione, e costruirono sogni di perfezione su di lui… quella perfezione che loro non erano riusciti ad ottenere…
Tieni figlio caro, questo è uno zaino vuoto, mettilo sulle spalle… mano a mano che crescerai vi depositerai tutte le esperienze più significative della tua vita… saranno un bagaglio che farà di te un vero uomo, ed essere un vero uomo ti renderà felice!
E il figlio crebbe, era felice e giocoso, fino a che…
Questo non si fa! E mise un sassolino nello zaino…
Questo non si può! Infilò un altro sassolino…
Questo non si dice! Un’altra piccola pietra alle sue spalle…
Non puoi uscire vestito in quel modo! Non puoi stare a tavola in quella maniera!
Non puoi dire sempre quel che pensi se quel che pensi non piace a chi ti ascolta!
Non puoi sempre fare quello che vuoi fare, se quel che vuoi fare urta il senso del pudore di chi potrebbe sapere quel che ti piace fare!
Non puoi non avere un protocollo da rispettare! Non puoi adoperare indiscriminatamente il tuo libero arbitrio!
Non puoi! Non devi! Non puoi e non devi!
E, lentamente, ma come un insopportabile stillicidio, lo zaino diventava sempre più pesante e tanto più si appesantiva, tanto più si svuotava la capacità del figlio di essere felice e soddisfatto.
Il suo volto divenne spento e cupo, così iniziò a cercare il senso della vita, che ormai aveva totalmente perduto, ed intraprese la via dell’ascetismo, della ricerca spirituale, pensando di poter alleggerire le sue spalle.
Il guru lo trattò con lo stesso “amore” di un genitore.
Infatti, iniziò a dirgli…
Questo è ego! Non si può! Quello è ego e non si deve! Quest’altro è sempre ego e non è degno di un ricercatore spirituale. Noi ricercatori abbiamo un protocollo da cui non si può prescindere, altrimenti la gente penserà che siamo esseri umani come tutti gli altri, mentre, invece, dobbiamo diventare migliori della gente comune. Quindi: non puoi vestirti, mangiare e comportarti come un essere ordinario e nemmeno avere gli stessi desideri, perché tu devi anelare ed ambire solo all’illuminazione.
E, nuovamente, lentamente, ma come un insopportabile stillicidio, lo zaino diventava sempre più pesante e tanto più si appesantiva, tanto più si svuotava la capacità del discepolo di essere felice e soddisfatto.
Si accorse che non era cambiato nulla tra il camminare nella materia e il camminare nello spirito; l’unica differenza era il cambiamento delle modalità, dei costumi, dei desideri, ma non certo del numero dei quintali che si vedeva costretto a sopportare sulle proprie spalle, anzi, ora, era addirittura raddoppiato.
Prima aveva due genitori che desideravano un figlio perfetto per la società materialistica, e ora un guru che lo desiderava perfetto per il regno spirituale.
Non era affatto cambiato nulla e il peso sulla propria coscienza divenne intollerabile.
Si rese conto che quel peso non era dovuto alle esperienze fatte, bensì a tutto quello che, crescendo, non aveva potuto più fare.
Paradossalmente, più gli era vietata un’esperienza spontanea e naturale e più lo zaino si riempiva.
Ma come? Pensò! Mi dissero che avrei dovuto riempire questo sacco di esperienze fatte e che ciò mi avrebbe permesso di diventare un vero uomo!
Invece, mi sono ritrovato a riempirlo di divieti e non c’è nessuno che sia un più falso uomo di me su questa terra e tanto meno sono felice, poiché conosco bene la felicità!
È quella cosa che provai quando fui un vero fanciullo, non un vero uomo!
Ora mi ritrovo a viver come atto più sublime il condannar me stesso e il mondo, dividendolo in buoni e cattivi mentre da fanciullo, per me, il mondo era soltanto il mondo, ed ero solo curioso di conoscerlo, per questo ero felice.
Mi sento un perfetto masochista che lentamente uccide se stesso credendo di uccidere il proprio ego, come se l’ego fosse separato da me.
Il mio atto supremo è diventato glorificare il mio ego con una dichiarazione di guerra al mio ego stesso; sì sono masochista e perfino paradossalmente tale.
Sono il controsenso di me stesso.
Qualunque azione io compia o non compia, ormai, ciò che non sopporto, non è più l’azione compiuta o non compiuta, bensì l’immagine di me stesso, che ha fatto o non ha fatto.
Non c’è più niente che vada bene, sia che io agisca o non agisca.
È troppo pesante questo zaino pieno di cose non fatte, di cose non dette, di cose non sperimentate.
È troppo pieno di niente, per questo mi pesa così tanto!
Come piombo… i sensi di colpa… come piombo… la perfezione non raggiunta… come piombo… il desiderio di essere migliore, più buono e più ammirato per le mie virtù…
Così pensò di sé il figlio ormai cresciuto…
Si tolse lo zaino dalle spalle…
Abbandonò ogni idea di compiacere il mondo…
E, finalmente, piacque a se stesso… e ritornò leggero… come piuma.
Autore natyan
natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.
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