Quando la spiritualità diventa etica pura
Confucio, come lo stesso Buddha, non era minimamente interessato ad elargire insegnamenti riguardanti i mondi ultraterreni e i dogmi metafisici.
Nei ‘Dialoghi’ troviamo scritto:
Il Maestro non parlava mai di prodigi o di spiriti e quando Zilu (il suo discepolo prediletto) gli chiese in che maniera dovessero essere serviti, così rispose:
“Se non si è in grado di servire gli uomini, come si possono servire gli spiriti?”
Zilu allora lo interrogò sulla morte e ancora Confucio rispose:
“Se non si sa cos’è la vita come si può sapere cos’è la morte?”Un altro discepolo, di nome Fan, gli chiese in che cosa consistesse la saggezza e il Maestro rispose:
“Saggio è colui che adempie ai doveri nei confronti degli esseri umani, secondo giustizia, e che onora gli spiriti tenendoli lontani”.
Sia per Confucio, come per il Buddha, occuparsi di metafisica era una perdita di tempo che distoglieva l’essere umano dalle necessità terrene.
Per il Buddha occuparsi dell’aldilà era paragonabile ad essere morsi da un serpente velenoso e domandarsi se fosse sposato e con chi, anziché cercare subito l’antidoto contro il veleno.
Sia per Confucio come per il Buddha l’imperativo era come vivere in pace sulla Terra ricercando le risposte dentro di sé, anziché interpellare improbabili mondi ultraterreni.
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Autore natyan
natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.
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