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C’era una volta un re

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Gioielli della Corona inglese


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C’era una volta un Re
seduto sul sofà
che disse alla sua serva
raccontami una storia
e la serva incominciò:
C’era una volta un Re
seduto sul sofà…

Ogni volta che si muove un principe o il re si scatena un terremoto. Parliamo della Corona Inglese e del suo devastante, almeno nella terra di Albione, incidere nel sociale e non solo. Prima il documentario su Meghan e Harry, che ha consolidato quelle fratture già profonde che distanziavano il principe dalla sua famiglia, poi il libro ‘Spare – Il minore’, dove il giovane duca di Sussex si è lasciato andare ad imbarazzanti confessioni, sparando anche pesanti bordate contro la propria Royal Family.

Per i cultori del genere il testo è una vera bomba: nelle sue ben 416 pagine, Harry racconta proprio tutto, dai primi esperimenti con le droghe al rapporto teso con re Carlo III, esternazioni che finora né Buckingham Palace né Kensington Palace, l’attuale residenza dei duchi di Cambridge, hanno commentato. Infatti, all’esterno e all’apparenza tutto è rimasto immobile, senza nessun vacillamento di corona.

Perché l’apparenza, The Crowne ci insegna, è alla base di ogni gesto, di ogni idea e azione che si genera nei corridoi di Buckingham Palace. Diciamolo, per quanto anziana e per quanto potesse essere inerme, la recente scomparsa della Regina Elisabetta II è stata un vero fulmine a ciel sereno.

A torto o a ragione, il mondo intero ha pianto una sovrana e soprattutto un’icona culturale tra le più evocative della nostra storia contemporanea. Ella ha sempre cercato di proteggere con fervore la sua famiglia, credo innanzitutto dal proprio interno, ovvero dagli stessi membri, spesso uno contro l’altro.

Quella cerchia che doveva essere la sua forza alla fine è stata la sua più grande occupazione e, forse, debolezza. Tra un marito si dice infedele, figli scapestrati e indegni, nuore assetate di potere e di altro, si è mossa con abnegazione per cercare di evitare l’abisso dopo il disastro.

Elisabetta II si è spenta all’età di 96 anni e, proprio qualche mese prima di lasciare questa terra, la sua famiglia è stata ferita da una controversia estremamente pericolosa, l’ultima di una lunga serie, se ripensiamo ai trascorsi storici della Corona inglese.

Sulla gogna mediatica è andato il Principe Andrea, figlio della regina, accusato da Virginia Giuffre, minorenne, di molestie sessuali, insieme all’amico Jeffrey Epstein, finanziere americano condannato per reati sessuali. Ora, senza la sua amata madre, il duca si trova senza l’unica persona che apparentemente lo ha tenuto a galla finanziariamente e pubblicamente durante decenni di pasticci.

Ma è in buona compagnia se andiamo comunque indietro nel tempo: dal matrimonio tra Carlo e Diana, che si è rapidamente rivelato un’unione infelice destinata a concludersi, come poi accadde nel 1992 con l’annuncio ufficiale della separazione, alle infedeltà tra la figlia Anna e il capitano dei Dragoni.

E poi le uscite infelici del marito, lo sfondo razziale-nazista che in qualche occasione ha buttato ombre sulla dinastia, le corna già dette tra Carlo e Diana, il matrimonio fallito tra Andrea e Sarah Ferguson, fino all’ultima apparizione di Meghan Markle, che ha generato altro panico e caos.

Eppure, l’incontro tra i due fu omaggiato in tutto il mondo come il segnale felice di una nuova apertura e modernizzazione della monarchia, che finalmente apriva le porte ad una ragazza non britannica, per di più attrice, cresciuta in una famiglia multirazziale.

Il 2020 è l’anno della cosiddetta «Megxit», la rinuncia alla posizione di membri senior della famiglia reale fatta dalla coppia, seguita dal trasferimento dei due e del figlioletto Archie in California.

La vera rottura avvenne, però, nel marzo 2021, con l’intervista a Oprah Winfrey in cui sono emerse insinuazioni di «timori e conversazioni» all’interno della famiglia reale relativamente al colore della pelle di Archie prima della nascita del bambino e il dolente racconto di Meghan, che ha riferito dei suoi pensieri suicidi per le critiche dei tabloid e il loro razzismo e di come le fosse stata contestata la possibilità di chiedere un supporto.

Insomma, accuse che si aggiungevano a quelle rivolte da Harry a suo padre, per aver interrotto i suoi sostegni finanziari all’inizio del 2020 e aver deciso di non rispondere più alle sue telefonate. Ogni giorno, però, un nuovo capitolo si aggiunge a quello che è stato già detto, scritto e narrato.

La favola è un lamento del cigno, una decapitazione più che un’incoronazione. E vorremmo, forse a tempo perso, essere nel cuore del nuovo Re Carlo III per capire se è veramente felice oggi di essere il sovrano di un regno che stancamente si trascina tra scandali, pregiudizi, moda e un futuro incerto, reso ancora più buio dalla situazione politica che vive la stessa Inghilterra.

Il secolo scorso è stato probabilmente il peggiore della storia per i re e le regine. Almeno fino agli anni Ottanta, quasi ogni singolo decennio ha visto la sparizione di più o meno una decina di antiche e storiche monarchie.

Alla fine degli anni Dieci, ad esempio, non c’erano più re, imperatori o sultani in Portogallo, Germania, Austria – Ungheria e Turchia. Negli stessi anni è scomparsa anche la più grande e antica monarchia del mondo, quella cinese, mentre nel 1918 si è estinta sanguinosamente la casa reale russa.

Nel dopoguerra, post anni 50 la situazione prese un verso ancor più deciso: nell’Europa Centrale finirono mezza dozzina di monarchie, trascinate via dalla furia dell’Armata Rossa. Oggi quello che resta dallo sconvolgimento del secolo scorso sono per lo più monarchie costituzionali europee: Svezia, Norvegia, Danimarca, Paesi Bassi, Belgio, Regno Unito, Spagna, più una manciata da micro-nazioni, che hanno tutte sovrani i cui poteri sono ampiamente limitati da una costituzione scritta.

E se qualcosa resta fuori dal nostro Continente è perché fa affidamento alla violenza: sono rimaste quelle che hanno potere economico e quelle che con brutalità si impongono, fino a che tempo è tutto da vedere…

Pensiamo al Medio Oriente: dall’Arabia Saudita, la più grande, ricca e potente, agli Emirati Arabi Uniti, dal Qatar al Bahrein, re, emiri e principi hanno consolidato un potere fondamentalmente assoluto soprattutto grazie alle risorse energetiche estratte nei loro territori, che consentono loro di finanziare un munifico welfare e manipolati apparati di sicurezza in grado di tenere a bada chi volesse ribellarsi.

Insomma, diciamolo pure che la monarchia come “brand” è una risorsa economica per lo Stato.Cerimonie, tradizioni, visite di Stato, palazzi e gadget sono fonte di turismo, guadagno e vanto nel contesto estero.

E non solo, alla fine, per le monarchie europee vale il riconoscimento che i cosiddetti sudditi hanno in essa: l’identificazione nei valori che la corona può esprimere e nelle capacità individuali o dinastiche di regnare con intelligenza, serenità e piglio può portare ad un maggiore attaccamento verso il sovrano di turno.

Una predisposizione favorevole che consente al re o alla regina di vivere con longevità l’amore della sua gente, chiuso e protetto nel suo castello, favorito nei suoi mortali interessi, magari lontano dalla farneticazione dei mass media.

E poi, alla fine, per noi europei quello che conta oggi è chi veramente governa la macchina del potere, non chi si sveglia la mattina e si dedica al golf o ha il compito di decidere a chi regalare il titolo di baronetto o di signore.

Noi siamo più concentrati sulla stabilità politica e sociale che si tende a generare in molti contesti. È quella che ci tranquillizza, al di là del proprio credo: il resto è folklore, è la monarchia diviene una repubblica mascherata dove conta l’unica incontrovertibile verità: si è rappresentati senza elezione. Come un primo ministro tecnico (o meno) qualunque, si potrebbe obiettare.

Ora, al di là dell’anacronismo imperante del sistema monarchico, quello che ci resta da capire è se queste monarchie – sempre più fiction sempre meno reali – hanno un futuro in un mondo dove nulla è più scontato del finto e dell’ambiguo. Non basterà la loro autodeterminazione a mantenersi in vita, bisognerà sapere leggere nelle pieghe di una storia che spesso miete vittime illustri prima che le stesse se ne accorgano.

Ai regnanti l’arduo compito di comprendere se resteranno un paradosso vivente della grande Storia, ai sudditi l’esercizio di rimanere affascinati da un bagliore decadente o morire di noia di fronte all’ennesimo capitolo di un fratello minore che si è sentito bullizzato da un erede al trono.

Nel frattempo, però, i capitali in banca incrementano e il drink si scioglie al sole della mega villa assorta a rifugio dorato del proprio esilio. Ci sono ancora i re seduti sul sofà.

A volte mi sembra che il sistema divino somigli alla monarchia inglese: Dio regna, ma non governa.
Stanislaw Jerzy Lec

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Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.