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Arte e felicità in quarantena: i Mandala di Alberto Di Fabio

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Mandala - Alberto Di Fabio


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I Mandala di Alberto Di Fabio sono i girasoli di Van Gogh ai tempi del Coronavirus

Riceviamo e pubblichiamo.

Il progetto non-profit CRAMUM all’interno del piano di comunicazione nell’emergenza da Coronavirus Non siamo soli oggi racconta le ultime opere di Alberto Di Fabio nate durante la quarantena, trascorsa dall’artista a Roma.

Sabino Maria Frassà, curatore che collabora con l’artista da diversi anni, ha avuto la possibilità di essere tra i primi a fare una studio-visit a distanza nel nuovo “studio” dell’artista e di raccontare le sue ultime opere, intitolate ‘Mandala’.

Alberto Di Fabio si è rifugiato nel suo mondo artistico per fuggire al Coronavirus e alle paure: l’artista che ha stregato il mondo dell’arte con i suoi grandi capolavori, con pareti e stanze immense, si è rifugiato nel “piccolo”, costruendo un mondo lillipuziano, fatto di geniali “teatrini” animati dai lego dei figli, da chiodi e mascherine che altro non sono che progetti per futuri e possibili wall-painting.

In questa atmosfera giocosa onirica e favoleggiante, quello che colpisce il visitatore virtuale sono senz’altro i nuovi Mandala. Come in parte visto nella recente mostra ospitata dalla Galleria Luca Tommasi si tratta dell’ultima evoluzione alla quale l’artista lavora da diversi mesi. Queste opere più fluide e meno materiche possono apparire completamente diverse dalle precedenti in mostra a New York, alla GR Gallery, e a Roma, da Gaggenau Design Elementi.

Dobbiamo però conoscere la genesi di queste opere-Mandala per comprenderne l’estrema coerenza e il grande valore: l’arte di Alberto Di Fabio sembra spesso espressione eterea di pura gioia, ma è il risultato di una forte inquietudine e tensione alla perfezione che trova proprio nel gesto creativo catarsi e risoluzione.

L’artista, da me intervistato poche settimane fa, descriveva le sue opere come preghiere universali per il Mondo che verrà, aggiungendo che ciò che vorrebbe lasciare ai posteri sarebbe un “grande libro” che spieghi il suo pensiero. Possiamo perciò interpretare questi Mandala come l’apice della profonda ricerca di elevazione e trascendenza che accompagna Alberto Di Fabio sin dai tempi – anni ’90 – delle iconiche montagne dipinte su carte cinesi stampate con mantra.

In queste nuove opere l’artista riesce a sintetizzare e far coesistere in modo sincretico diversi elementi e riferimenti religiosi, spirituali e artistici a lui cari: se da un lato recupera la dimensione rituale dei geometrici mandala induisti, è innegabile il forte riferimento ai mandala buddisti in cui è rappresentato l’Universo nella sua complessità, sintesi di periferia e centro, di quegli elementi che solo apparentemente ci sembrano “opposti”.

Inoltre, la compulsione nel rappresentarli diventa essa stessa preghiera, distacco dalla realtà, un rituale non tanto performativo quanto salvifico volto a giungere, comprendere e raffigurare l’essenza della realtà. In fondo la parola stessa mandala può significare secondo alcune interpretazioni “raccogliere l’essenza”.

Non stupisce perciò che tale passo in avanti nella ricerca artistica e personale dell’artista giunga in queste settimane così difficili per tutti noi: Alberto Di Fabio ha avuto modo e tempo tempo per riflettere e meditare su come ripartire e/o andare avanti.

Alberto è riuscito quindi a trovare la sua dimensione e a convertire la stasi della quarantena in una fase propedeutica e necessaria al proprio futuro artistico. Chi lo conosce di persona sa che è una persona tanto dinamica quanto socievole: lontano dal suo Studio con la compagnia dei figli e del gatto Cocco è riuscito con resilienza a trasformare casa sua e il garage in studi d’artista, ai quali ha invitato i suoi amici a fargli visita con call, web e qualsiasi mezzo virus-free.

La storia di queste opere e della loro genesi mi ha fatto venire in mente i noti girasoli dell’artista olandese: a ben pensarci i mandala di Alberto Di Fabio sono i girasoli di Van Gogh ai tempi del Coronavirus.
I girasoli sono il fiore del sole, un mandala vivente, che racchiude in sé la perfezione e la complessità dell’universo.

Come Van Gogh nel 1988, Alberto si è ritrovato in bilico tra il volere/dover viver in solitudine e la voglia di comunicare e socializzare: non tutti sanno che la maggior parte delle tele con i girasoli costituirono un momento di catarsi per Van Gogh che li dipinse nella casa gialla di Arles nel breve periodo di felicità ritrovata dopo tanta solitudine, quando l’amatissimo amico e artista Gauguin gli fece visita e visse – in povertà – con lui.

Allo stesso modo i mandala di Alberto Di Fabio rappresentano una felicità ritrovata, il segno che l’arte può trasformare le costrizioni fisiche – oggi conseguenti al Coronavirus – in sublimazione dell’anima, in occasione per liberare la propria arte da qualsiasi limitazione. La vera essenza rappresentata dai mandala di Alberto Di Fabio è forse questa: nonostante tutto l’arte come l’universo non possono e non devono avere confini.
sabino maria frassà

Alberto Di Fabio nasce ad Avezzano (AQ) nel 1966. Nel 1989 partecipa con due serie di opere, ‘Montagne rosse’ e ‘Fusioni minerarie’, a una mostra collettiva promossa dalla galleria Alessandra Bonomo di Roma. In tale occasione conosce Sol Lewitt e Alighiero Boetti, che acquista una sua opera e che sarà suo mentore nei primi anni della sua carriera.

Dopo la sua prima personale a Roma nel 1994 seguono mostre personali in tutto il mondo: nel 1996 al Rupertinum di Salisburgo, nel 1997 al Kunstverein di Bregenz, nel 2012 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, nel 2013 alla Estorik Collection di Londra e alla Mairie du 4eme di Parigi, nel 2014 al CERN di Ginevra e Castel Sant Elmo Napoli, nel 2015 al MART di Rovereto e al Macro Testaccio di Roma, e nel 2019 alla Fondazione Bullukian di Lione.

Da anni collabora con diverse gallerie tra cui Luca Tommasi a Milano, Umberto Di Marino a Napoli, e con la Gagosian Gallery che gli ha dedicato numerose mostre personali da Londra a New York. Dal 2014 collabora con CRAMUM con cui partecipa a numerose mostre collettive in Italia e all’estero, tra cui la personale promossa insieme a Gaggenau ‘Trascendenza’ nel 2019 a Milano e curata da Sabino Maria Frassà.

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