In Italia si consuma otto chilogrammi di riso a testa e quello migliore si produce nella piana calabrese
Vi abbiamo scioccato di nuovo, ce ne rendiamo conto ma la colpa è vostra, perché dovreste conoscere meglio le eccellenze e la storia della vostra terra.
Sì, è pur vero, che avete l’attenuante che i libri di storia vi hanno raccontato un sacco di stupidaggini, e che i media, attenzione si pronuncia media, con la e, e non midia, con la i, poiché è una parola latina e non inglese, ci dipingono come brutti, sporchi e cattivi.
Vi hanno sempre fatto credere che miglior riso d’Italia proviene dal Vercellese o dal Pavese e, invece no, si coltiva in Terronia, esattamente nella piana di Sibari.
Il riso è stato prodotto per la prima volta in Cina, circa seimila fa e da lì si è diffuso dapprima in Medio Oriente, poi in Africa, infine in Europa e, prima di approdare nella nebbiosa Val Padana, si fermò in Calabria.
Indubbiamente, rispetto alle aree di produzione del nord del Paese, le aree ad esso dedicate non sono estese, ce ne sono solo 600 ettari, anche se il numero sta crescendo in maniera esponenziale, giacché questo cereale si è conquistato una bella fetta di mercato e una totale fiducia da parte dei consumatori sparsi un po’ ovunque, grazie alle sue particolari caratteristiche organolettiche dovute sia alla tipologia del terreno sia all’ottimo microclima calabrese.
Inoltre, è anche lavorato artigianalmente, mediante una sbramatura leggera e poco invasiva, che garantisce un apporto nutrizionale sopra la media, una resa superiore, un sapore più deciso ed intenso e, soprattutto, una migliore tenuta alla cottura.
Fino agli inizi degli anni duemila, la coltivazione era “per conto terzi”; le grandi marche del nord acquistavano il prodotto grezzo, lo lavoravano e l’alimento finiva sugli scaffali dei supermercati con un marchio padano, come capita, ancora oggi, per altri prodotti come la Falanghina, ad esempio, usata per tagliare il Valdobbiadene.
Dal 2006 i coltivatori calabri hanno incominciato a gestire l’intera filiera produttiva, dalla semina al confezionamento fino alla vendita, consentendo così il controllo completo di tutto il ciclo produttivo, per garantire, ai consumatori finali, un prodotto totalmente calabrese e con qualità e caratteristiche superiori rispetto alle altre varietà di riso presenti sul mercato.
Queste condizioni hanno generato un prodotto di eccellenza, un “Carnaroli”, un riso di colore nero integrale, che ha molte proprietà: non scuoce, conserva tutte le proprietà organolettiche, un “aromatico” che sprigiona profumi intensi.
Il riso di Sibari è particolarmente adatto per la preparazione di risotti, minestre, timballi, crocchette, arancini e insalate, ma risulta anche ideale per la preparazione di alcuni dolci e può essere consumato al naturale o poco condito.
Allo stesso tempo, si presta benissimo per accompagnare tutto lo “scibile culinario”: uova, carne, pesce, frutti di mare, formaggi, cereali, marmellate, miele.
I condimenti più adatti sono: olio, burro, salsa di soia, erbe aromatiche, zafferano, curcuma, zenzero, peperoncino, pepe, curry, zucchero, vaniglia, cannella. Va da sé che può essere usato sia per ricette salate sia per ricette dolci.
Acquistatelo, non ve ne pentirete.
Vi lasciamo con un detto calabrese:
Nu piatt i ris, n’ura i panza tis
che tradotto in italiano è
Un piatto di riso si digerisce velocemente.
Autore Mimmo Bafurno
Mimmo Bafurno, esperto di comunicazione e scrittore, ha collaborato con le maggiori case editrici. Ha pubblicato il volume "Datemi la Parola, Sono un Terrone". Attualmente collabora con terronitv.