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I Wu Ming alla grande guerra

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Wu Ming


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intervista al collettivo di scrittori in occasione del nuovo libro L’invisibile ovunque

Riceviamo e Pubblichiamo.

«E cos’era per me la guerra? Una bestia che si mimetizzava leccandosi, più si leccava più si confondeva col mondo intorno. Aveva occhi del colore impreciso di una bufera, occhi che erano vortici e risucchiavano il peggio del mondo – l’immondizia, la propaganda, l’amor patrio – per restituirlo moltiplicato in grandi occhiate fluorescenti». 

Raffiche surrealiste e schegge di shrapnel dis-animano L’invisibile ovunque (Einaudi), il nuovo libro dei Wu Ming che evadono dalla trincea mitragliando, fra nuove e ordinarie forme di scrittura collettiva, contro la storiografia del pensiero unico.

Fabio Disingrini, giornalista e saggista, li ha incontrati alla presentazione milanese del libro: una festa mobile nelle stanze del centro sociale Cantiere e della libreria Don Durito tra riflessioni letterarie, dibattiti politici, una cena salentina e la musica del Wu Ming Contingent.

Così è nata l’intervista pubblicata sul blog dell’associazione culturale La Balena Bianca (http://www.labalenabianca.com/2015/12/16/i-wu-ming-alla-grande-guerra): un fitto dialogo in cui i quattro autori bolognesi spiegano i perché del loro congedo dal romanzo storico, perché hanno scavato quattro vie di fuga dalla linea del fuoco, perché hanno scelto, con una gittata d’inchiostro dall’obice della critica, di non celebrare la Prima Guerra Mondiale negli ultimi giorni del centenario. Perché «Niente uccide l’uomo come l’obbligo di rappresentare una nazione». Perché i Wu Ming vanno alla Grande Guerra e la inchiodano al suo orrore.

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